A deal is a deal

Devon e Jill

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    Jill Valentine - Umana - Prostituta - Eterosessuale - scheda

    Non appena ero tornata nella Lost&Found ero tornata nel mio appartamento, quello che condividevo con Chantel e che speravo di aver lasciato definitivamente e mi ero ripresa la chiave e la stanza che ancora conteneva le mie cose. Lei aveva cercato di dirmi qualcosa ma mi ero defilata andandomene direttamente in camera per gettarmi sul letto, lo stesso in cui avevo scoperto che Devon ormai non c'era più e lo stesso in cui avrei dovuto toccarlo ancora un'ultima volta.

    "Un'ultima volta..." era strano pensarla così visto che non era più lui, che non avevo avuto modo di toccarlo veramente un'ultima volta ne di dirgli che lo amavo visto che quando se n'era andato da quella stanza ero rimasta in silenzio con il cuore a pezzi e le lacrime agli occhi. Quello era stato il nostro vero ultimo momento... mi addormentai con quel pensiero e al risveglio mi resi conto di avere gli occhi umidi; mi alzai andandomi a buttare sotto la doccia per una buona mezz'ora in cui cercai una soluzione a ciò che sarebba accaduto quel giorno e, alla fine, mi resi conto che potevo sfruttare quell'occasione per dire addio a Devon - almeno al suo corpo - come non ero stata in grado di fare prima. Non si trattava di andare nuovamente a letto con Ryan ma di toccare di nuovo Devon per un'ultima notte prima di non rivederlo mai più, di non poterlo più sentire tra le mie braccia...potevo davvero perdere questa occasione solo a causa di chi ora aveva deciso di inquinare il suo corpo?

    "Vista così forse posso farcela..." era la mia unica possibilità, sarei uscita da quella giornata tragica traendo qualcosa di buono e, decisa a fare ciò, uscii dalla doccia e mi asciugai velocemente i capelli truccandomi un minimo per accentuare gli occhi ed essere carina per poi defilarmi in camera mentre Chantel se ne stava sul divano a leggere un libro di consigli sessuali, probabilmente per guadagnare più clienti o per accalappiare il pollo della serata.
    Quanto a me, una volta in camera aprii l'armadio e mi misi a cercare un vestito adatto, qualcosa che potesse essere semplice da togliere visto che tanto non avremmo di certo perso tempo a parlare o almeno lo speravo perchè con la frase sbagliata avrebbe distrutto l'illusione nella mia mente, conoscendolo.
    Il campanello suonò e subito mi fiondai fuori dalla porta vedendo però Chantel oltre il corridoio, già andata a flirtare con quello che restava del mio uomo

    Devon, ma allora non sei sparito per sempre. Credevo che l'avessi finalmente mollata, un vero peccato avvicinò la sua mano al suo petto toccandolo e puntando i suoi occhi da gatta morta nei suoi continuò:

    Lo sai che la mia porta è sempre aperta...vieni quando vuoi. Non aspettò altro. mi avvicinai velocemente a lei e le afferrai il polso, tirandolo indietro così che si staccasse dal suo petto.

    Toccalo di nuovo e mi assicurerò di spezzarti il braccio, sono stata chiara? il tono calmo, neutro, eppure il modo in cui l'avevo detto lasciava intendere che non stessi affatto scherzando. La lasciai andare e la vidi guardarmi furiosa, al che decisi semplicemente di ignorarla voltandomi a guardare Ryan dalla testa ai piedi.

    "L'ultima volta..." lo afferrai per il polso - anche se solo il giorno prima mi aveva intimato di non farlo - e cercai di trascinarmelo dietro fino alla camera dove richiusi la porta alle nostre spalle avvicinandomi poi velocemente a lui e premendo le mie labbra contro le sue senza che potesse dire una parola.
    Portai le mie mani sul suo viso accarezzandolo dolcemente e subito le mie labbra seguirono quel tragitto iniziando a baciare con un'attenzione particolare la sua mascella perfetta, scendendo poi sul suo collo dove la mia lingua iniziò a scivolare lentamente, umida e provocatoria, quasi a voler ricordare il percorso che avrebbe potuto percorrere su un'altra parte del suo corpo.
    Ogni mio gesto era differente da quando di solito toccavo Ryan, persino dalla nostra ultima volta - quando avevo creduto fosse Devon - perchè ora ogni movimento era dolce, ossessivo, bisognoso e attento. In un mix di gentilezza e passione che, immaginavo, l'avrebbe non poco confuso probabilmente. Non che mi interessasse ciò che avrebbe pensato in realtà visto che al momento ciò che nella mia mente stavo toccando non era altro che Devon.



     
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    Devon Westick - エイリアン (Eirian) - Custode delle Memorie - Eterosessuale - Scheda

    Un accordo era un accordo e ne avrei rispettato i termini. Non perché volessi o non potessi evitarlo, ma perché sapevo che --mantenendo la parola data-- avrei effettivamente ottenuto, e in maniera piena e totale, ciò che desideravo. Jill Valentine era infatti un soggetto così particolare per cui prenderla esclusivamente con la forza non implicava anche possederla: certo, avrei potuto avere il suo corpo che lei approvasse o meno, ma il punto era che non volevo solo ed esclusivamente quello. In realtà, non mi interessava neppure --banalmente-- il mero fatto di andarci a letto: avrei potuto avere qualsiasi puttana e, in effetti, a volte mi piaceva anche cambiare... Ciò che bramavo era piuttosto studiare, conoscere ed infine avere ogni cosa fosse in grado di offrirmi. Le sue forme, chiaramente. Il suo cuore. La sua anima. Non si trattava del resto solo di farla o meno godere dal punto di vista fisico: l'intento era quello di piegarla con un fuscello, di costringerla a prostrarsi di fronte a me --e non esclusivamente a novanta gradi-- e infine di farle finalmente ammettere che non era solo odio, quello che provava nei miei riguardi. Soltanto a quel punto, quando quella consapevolezza l'avrebbe distrutta, l'avrei --forse, chi poteva dirlo?-- lasciata andare. E no, non in pace...

    Un progetto ambizioso? Certamente, se si considerava l'apparente apatia che sempre contraddistingueva quel volto e l'ostinazione mista ad orgoglio con cui quella donna cercava con ogni briciolo di forza in suo possesso di nascondere --specialmente a me-- le sue emozioni. Eppure... Eppure il muro --alla fine-- si era incrinato. Era stata questione di attimi, forse di veri e propri secondi, ma io avevo intravisto le crepe in quella parete di cemento armato e --ora che il terremoto aveva sortito i suoi danni-- potevo liberarmi di quello che era a tutti gli effetti diventato un peso morto. Così, infatti, vedevo la custodia di Devon Westick da quando Jill aveva scoperto la verità e, in realtà, meditavo di cambiarla già da prima che lei me lo proponesse: ciò che mi aveva bloccato fino a quel giorno, però, era stato il dolore sordo --eppure visibilissimo, almeno ai miei occhi-- che vedermi all'interno del corpo del suo fidanzato le provocava. Con il giusto, allettante, incentivo alla fine avevo tuttavia acconsentito a ridarle il corpo e no, non avrei barato da quel punto di vista: non aveva senso farlo, perché cederle qualcosa che non volevo più mi avrebbe permesso di potermela finalmente lavorare come una marionetta. Come un oggetto di mia proprietà. Ed avrei iniziato proprio quella sera stessa... Possederla un'ultima volta con quella custodia, infatti, non era altro che uno sfizio, un modo per infierire su di lei e ovviamente anche un esperimento, dal punto di vista della ricerca, non poco rilevante.

    «Sei troppo scialba per i miei gusti, Chantel.» Feci annoiato, visto che si trattava delle medesima solfa che avevo già osservato ed annotato fin da quando ero rimasto nell'ombra, a studiare Jill nei panni di Ryan Davies. Se non ci avevo fatto sesso fino ad ora, era perché risultava ai miei occhi così insipida --tanto dal punto di vista fisico quanto da quello caratteriale-- da non suscitare in me il minimo interesse. «Ma... lascia comunque la porta aperta, stanotte.» Non c'era traccia di ironia o di malizia nell'inflessione della mia voce. Era un ordine, molto semplicemente, e venne pronunciato nell'esatto momento in cui le dita della prostituta si chiusero intorno a quelle di Chantel, in un segno di minaccia già esplicito nella gestualità ma chiarito poi anche verbalmente. Jill Valentine era... gelosa? Sì, mi aspettavo che cercasse di mantenere puro --e ovviamente ci sarebbe stato da ridire, al riguardo-- il corpo di quello che era stato il suo fidanzato, eppure c'era dell'altro. Qualcosa che mi portò a rivolgerle un'occhiata curiosa e vagamente perplessa mentre mi lasciavo trascinare verso la sua camera, senza opporre resistenza alcuna. Da quando, infatti, mostrava così apertamente --e a me-- quel che provava? Era stata impulsiva ed era... insolito. Lasciare dunque aperta la possibilità che, dopo di lei, potessi anche scoparmi la sua coinquilina mi avrebbe permesso di sondare meglio quell'aspetto.

    Magari... più tardi. Non ebbi infatti il tempo di dirle qualcosa né di mostrarle ancora una volta, così giusto per gradire, il celeste nei miei occhi perché le sue labbra premettero sulle mie con foga non appena la porta si chiuse alle nostre spalle. Ricambiai il suo bacio, cercando subito la sua lingua mentre le mie mani scivolavano rapidamente sulla sua schiena, fino a posarsi salde sul suo sedere. Strinsi appena la presa, facendo così risalire anche leggermente il vestito rosso che indossava, ma proprio in quell'istante le mani di lei si chiusero intorno al mio viso, accarezzandone i lineamenti con una gentilezza che mi provocò un brivido di puro disgusto, o almeno sotto questa categoria avrei annoverato quella sensazione se fossi stato in grado di provare emozioni. «Smettila.» La mia voce suonò bassa, roca, eppure ferma e perentoria. Sapevo che cosa stava facendo, l'avevo già intuito. Dopotutto, me l'ero sbattuta più e più volte, in molteplici modi ed impersonando svariate figure... «Ti ho detto...» Mi sfuggì l'accenno di un sospiro, quando la sua lingua delineò il profilo del collo in un esplicito richiamo alla pratica che senza alcun dubbio apprezzavo di più, svolta da lei, e sentii qualcosa gonfiarsi di riflesso all'altezza del cavallo dei miei pantaloni. «...di smetterla.»

    Usai la destra, ancora stretta intorno alla sua natica, per tirarla indietro ed allontanarla da me attraverso il vestito. Uno strattone violento e per nulla aggraziato, tanto che il tessuto si strappò di qualche centimetro all'altezza delle cuciture, e reso ancora più esplicito dal fatto che la sinistra si posò sul suo fianco e --con un rapido movimento rotatorio-- la indusse a girarsi: mi portai alle sue spalle, ovviamente, facendola piegare leggermente in avanti e facendo aderire i nostri corpi, lasciando dunque che il mio membro premesse nell'incavo del suo sedere e che il mio torace contro la sua schiena non le lasciasse la possibilità di muoversi. La mano destra cercò infatti di chiudersi intorno al suo collo, pollice ed indice a premere ai due lati per darle l'impressione che avrei potuto mozzarle il respiro da un momento all'altro ma senza comunque in alcun modo --ancora, almeno-- procurarle dolore o senso di asfissia. «Dovrai imparare ad ubbidire, visto che ora sei a tutti gli effetti una mia proprietà.» Sibilai al suo orecchio, lasciando che la mia voce si sporcasse di un misto tra crudeltà e malizia. «Smetti di fare sesso con Devon. I patti non erano questi, e lo sai.» Non era previsto che quella fosse la sua occasione per provare piacere, non secondo le sue condizioni. Sicuramente, non doveva essere la circostanza attraverso cui gli avrebbe detto addio... «Non giocare sporco, Jill, o l'accordo salta.» Strinsi appena la presa intorno al suo collo, giusto per rendere più chiaro il messaggio, mentre l'altra mano scivolava sulla parte anteriore del suo corpo, stringendo con forza uno dei suoi seni. Questa volta sì, fin quasi a provocarle l'accenno di dolore. «Ci siamo capiti o devo essere più incisivo?» "Ti avrei fatto godere, stasera, ma forse vuoi che ti faccia anche del male?"


     
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    Jill Valentine - Umana - Prostituta - Eterosessuale - scheda

    Lo farò sicuramente. la voce di Chantel, rivolta a Ryan, arrivò maliziosa e soddisfatta come ogni volta mentre io trascinavo via il corpo di Devon, portandomi dietro un Ryan - apparentemente - confuso. Non gli avevo mai mostrato una mia vera reazione perciò non mi sorprendeva che ora fosse preso alla sprovvista dai miei modi ma era proprio su quello che, quella sera, avrei puntato. In più odiavo quando quella donna toccava ciò che era mio e questo si riferiva a Devon, solo a lui, o almeno questo era ciò che continuavo a ripetermi.
    Entrati nella mia stanza chiusi la porta alle nostre spalle e mi avventai sulle sue labbra sentendolo ricambiare il mio bacio, cosa che in realtà mi lasciò un po' sorpresa visto che mi aspettavo già che cercasse di allontanarmi dopo che mi ero gettata - stranamente - tra le sue braccia.

    "Meglio così, le cose saranno più semplici..." cercai la sua lingua con la mia, sospirando sulle sue labbra mentre le sue mani percorrevano il suo corpo fermandosi sul sedere. Gli accarezzai il viso e, a quel contatto, ritrovai la reazione che mi ero aspettata: repulsione. Non avrebbe accettato gentilezza ne mi avrebbe volontariamente acconsentito a farmi dare un ultimo addio al corpo di Devon e, per questo, mi sarei mantenuta determinata. Qualunque cosa avesse detto o tentato di fare non dovevo perdere di vista il mio obiettivo; ignorai perciò le sue parole e percorsi il suo collo con la lingua passando per il pomo d'adamo e scendendo più in basso, arrivando a sfiorare appena i suoi pettorali con la punta della lingua prima di vederlo tirarmi via interrompendo quel contratto e facendomi quasi perdere l'equilibrio.

    Si può sapere che ti prende? chiesi fingendo di non capire che cosa avesse potuto infastidirlo e sentendolo riavvicinarsi subito dopo premendo il suo membro contro il mio sedere, gesto che mi portò a chiudere gli occhi ed a mordermi il labbro inferiore, facendomi essere felice che non potesse vedermi visto che mi stava alle spalle. Sarebbe stato piacevole se solo la sua mano, ora sul mio collo, non mi avesse riportata alla realtà.

    Ho detto che potrai studiarmi e che sarò il tuo giocattolo, non che ti ubbidirò. precisai con la voce sporcata dal desiderio a causa delle sue parole al mio orecchio che mi avevano procurato un brivido lungo la schiena. Furono però le parole che seguirono a farmi ridere appena, divertita.

    E' un po' difficile considerando che il corpo è il suo... ed in quel momento lasciai che le mie mani andassero un po' indietro, abbastanza da portarsi a toccare le sue cosce coperte dai pantaloni, risalendo verso l'alto così da toccare ogni centimetro del suo corpo, arrivando fino ai suoi capelli che afferrai tra le dita mentre la mia testa si inclinava verso l'alto ed i miei occhi si incrociavano con i suoi, giusto in tempo per sentire la sua presa sul mio collo stringersi appena, intimandomi di non giocare sporco.

    "Non dimenticare l'obiettivo...ricordati ciò che vuoi..." un lieve gemito di dolore mi sfuggì dalle labbra quando strinse la sua mano sul mio seno e subito gli lasciai i capelli portando una mano su quella che teneva sul mio collo e l'altra su quella sul seno liberandomi dalla sua presa per voltarmi ed indietreggiare di qualche passo. Puntai i miei occhi nei suoi ed incrociai le braccia al petto, decisa e seria.

    Non sto giocando sporco, ho pensato solo che ti sarebbe interessato studiarmi in un campo che non vedrai mai più. Non sai ciò che succedeva con Devon e non sai cosa posso fare quando metto i sentimenti nel sesso, credevo che potesse interessarti ma se non è così va bene. Fa quello che devi allora. e detto ciò mi slacciai la cinta rossa di stoffa - posizionata sulla vita - che teneva chiuso il vestito e lo lasciai scivolare lungo le spalle fino a farlo cadere a terra, così da rimanere solo con l'intimo. Una provocazione, questa era l'unica cosa che stavo facendo e se avevo capito qualcosa di lui era che non era in grado di rinunciare alla possibilità di studiare qualcosa, soprattutto se si trattava di un'occasione unica.

    Se quello che vuoi è qualcosa che potrai vedere sempre, fai pure. Divertiti. avanzai verso di lui e mi fermai solo quando le nostre labbra si ritrovarono vicine abbastanza da potersi sfiorare senza impedirci però di riuscire a guardarci ancora negli occhi, occhi che ora tenevo fissi nei suoi. Uno sguardo determinato, sicuro addirittura nonostante la paura di non poter dire addio a Devon mi stesse facendo martellare il cuore non poco.

     
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    Devon Westick - エイリアン (Eirian) - Custode delle Memorie - Eterosessuale - Scheda

    Jill Valentine che recitava la parte della finta tonta era un vero e proprio insulto alla mia intelligenza. Neppure un umano, se non altro uno di quelli il cui cuore non pompava sangue solo verso ciò che c'era tra le gambe, avrebbe potuto credere a quella domanda ipocrita almeno quanto un soldo bucato. Senza alcun dubbio, comunque, non era un atteggiamento da tenere con un エイリアン (Eirian) e, in particolar modo, con me. «Pensavo di aver reso piuttosto chiaro come io non sono quell'idiota di Devon Westick.» Premetti il mio corpo contro il suo, esercitando una maggiore pressione con il bacino in modo che sentisse chiaramente il mio membro nell'incavo dei suoi glutei. La mia mano destra si portò invece sul suo collo, stringendolo quel che bastava a farle percepire quel senso di possesso e di dominio ma senza --ancora-- farle propriamente del male. «Sei stata sufficientemente brava da imbrogliare lui per mesi e fingere di amarlo, ma non dimenticare con chi hai a che fare ora.» Perché rincaravo la dose? Solo ed esclusivamente per procurarle dei sensi di colpa, ovvio. Proprio quella sera. Proprio mentre godeva, o --per meglio dire-- avrebbe potuto godere. Proprio mentre aveva l'opportunità di dire addio a quello che era stato il suo fidanzato, grazia che chiaramente non le avrei mai concesso.

    «Esattamente qual è la differenza, Jill?» Chiesi con una sfumatura sardonica alle sue parole, mentre la mano libera scivolava sulla parte anteriore del suo corpo, esercitando dapprima solo una leggera pressione ed infine stringendo il suo seno con fin troppa forza perché la presa potesse risultare per lei realmente piacevole. «Un giocattolo è un oggetto e il proprietario ha il diritto di usarlo come meglio crede.» Le cose erano due: o l'eccitazione --perché sapevo che, nonostante il suo essere oppositiva e recalcitrante, in realtà apprezzava i miei modi brutali-- le stava annebbiando la mente e la razionalità, o quella donna aveva decisamente sottovalutato il prezzo con cui aveva pagato quei pezzi di muscoli ed ossa che tanto sembrava rivolere indietro. «E se sostieni che basti il suo corpo per darti l'illusione di essere con lui non fai che confermare quel che ho sempre supposto: ciò che provavi per Devon era un'illusione, una costruzione della tua mente.» Niente avrebbe infatti cancellato in me quella convinzione. Jill poteva affermare --e magari anche credere-- di aver amato quello che era stato il suo fidanzato, ma la percezione dei suoi sentimenti verso di lui era distorta, malata esattamente come quella che aveva sviluppato sua madre. Come poteva infatti dire di provare qualcosa di autentico nei confronti di un uomo che aveva ripetutamente tradito, non solo fisicamente --e questo era scontato-- ma anche con il pensiero, con il cuore, con l'anima? Era quello l'amore che, a loro avviso, rendeva gli umani così diversi dalla nostra razza? Almeno noi non ci nascondevamo. Noi non eravamo così ipocriti...

    Il mio obiettivo non era e non era mai stato quello di procurarle del dolore fisico, quindi --di fronte al suo gemito-- le permisi di staccare le mie mani dal suo corpo e di indietreggiare, salvo sorridere appena --ovviamente in segno di scherno-- quando notai la sua espressione seria ed imbronciata. "Oh piccola, piccola Jill... Ti ho forse rovinato i piani?" «Questo non è del tutto corretto, e lo sai.» Un cipiglio puntiglioso e vagamente sadico fu ciò che si avvertì nell'inflessione della mia voce, quando lei affermò che non sapevo cosa accadeva quando giaceva con Devon. Dimenticava, forse, che non solo li avevo studiati ma che possedevo anche tutti i ricordi dell'uomo: se c'era qualcuno che aveva, esattamente, idea di quel che succedeva --o non accadeva-- tra le lenzuola, quello ero proprio io. «Intendi dire quando ancora scopavate?» Un nuovo sorrisino, di quelli crudeli e decisamente strafottenti. «Non mi interessa sapere qualcosa che appartiene ad un passato così remoto da essere ormai superato, ma vederti mentre tenti invano di affievolire i tuoi sensi di colpa, dandogli quell'addio che non hai avuto il fegato di dirgli quando ancora avrebbe potuto ascoltarti, in effetti, stuzzica la mia curiosità.» Se pensava di fregarmi si sbagliava. Stava ingannando se stessa, perché accettare pienamente la verità --e la consapevolezza del fallimento-- era un gesto di coraggio che non era in grado di compiere, ma --a quella condizione-- mi stava bene osservarla e studiarla mentre affogava nel mare di dolore che lei stessa stava creando.

    Un guizzo di desiderio balenò nei miei occhi alla vista del vestito rosso che scivolava sul suo corpo, lasciandola in intimo, e --quando tornò ad avvicinarsi-- mi limitai a portare entrambe le mani sui suoi fianchi, in una presa decisa ma non troppo irruenta, indice di come effettivamente avessi l'intenzione di lasciarle --almeno in quelle prime battute-- un certo margine di libertà. «Ti concedo qualche minuto.» Affermai mentre --in un apparentemente gesto contraddittorio-- stringevo con la destra il suo sedere e, un istante dopo, facevo per strapparle in maniera tutt'altro che delicata e di buon gusto gli slip all'altezza del corrispettivo bordo. «Cerca di non disgustarmi o riprenderò il controllo e ti assicuro che la cosa non ti piacerà.» Il crack del tessuto accompagnò uno sguardo gelido, ceruleo come quelli tipici degli エイリアン (Eirian), e una voce ferma che sembrava non lasciare spazio a compromessi. Se aveva intenzione di essere così dolce e gentile da nausearmi l'avrei infatti fermata, incurante di qualsiasi patto potessimo aver stipulato tra noi.
     
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    Jill Valentine - Umana - Prostituta - Eterosessuale - scheda

    Assottigliai lo sguardo alle sue parole, rendendomi conto di come - esattamente come sempre - avesse appena rovinato l'atmosfera facendo, come al solito, lo stronzo.

    Non ho mai finto di amarlo, non parlare di cose che non conosci. la mia voce si fece velenosa, cattiva e chiaramente infastidita da quel commento. Come osava parlare di ciò che provavo e sentivo se non era nemmeno in grado di capire il concetto di amore e, soprattutto, se non riusciva neanche a capire me? Avevo amato Devon per tutti gli anni che avevamo trascorso insieme e tutt'ora lo amavo a tal punto da desiderare un finale diverso per noi, da voler sfruttare quell'orribile situazione per trarne qualcosa di buono.
    Per questo motivo quando lo sentii premere il suo membro contro il mio fondoschiena non reagii in alcun modo, ritrovandomi a sospirare appena a quel contatto che conoscevo fin troppo bene e che con Ryan non aveva nulla a che fare. Fu la sua mano però a rompere l'illusione che per qualche istante ero riuscita a ricreare, illusione che si infranse totalmente quando riprese a parlare.

    "Sta zitto.." perchè insisteva? Perchè continuava a parlare nonostante gli stessi dando esattamente ciò che lui mi aveva chiesto?

    La differenza è che solo perchè mi possiedi non vuol dire che io ti appartenga veramente. Un concetto che la tua razza ancora non ha compreso. una risposta fredda e fin troppo infastidita, più di quanto solitamente non avessi dimostrato in sua presenza. Volevo che chiudesse quella dannata bocca ed invece non faceva altro che parlare, arrivando ad un livello di sofferenza sempre peggiore.

    Cos'altro ho se non il suo corpo al momento? ancora una volta parlava di cose che non conosceva, pretendeva di definire il mio amore - o non amore visto ciò che credeva di aver capito - in base all'attaccamento mentale ma lui aveva ucciso tutto ciò che rappresentava veramente Devon e non avrei mai potuto raggiungerlo in nessun modo perciò altro non mi restava che cercare di alleviare un po' le mie pene dando l'addio che non ci avevano concesso al suo corpo.

    "Concentrati..non mollare.." la mia mente aveva ragione eppure cercare di mantenere alta la concentrazione per raggiungere il mio obiettivo era più complicato di quanto mi fossi aspettata.

    E' corretto invece, vederlo è una cosa, provarlo un'altra e tu hai solo guardato. poteva aver visto i ricordi di Devon e, come non aveva mancato di rimarcare, poteva sapere che non andavamo a letto ormai da due mesi, eppure questo non significava che sapesse esattamente ciò che avveniva tra noi in quei momenti.

    Smettila di sorridere, mi infastidisce. l'espressione del viso totalmente neutra ed il tono apatico potevano rendere quella frase difficile da decifrare ma poco mi importava. Il solo vedere quel sorriso prendere vita sul suo viso mi provocava un dolore sordo al petto, era qualcosa di innaturale, qualcosa che sapevo non gli appartenesse e che perciò desideravo strappare via con le mie stesse mani. Un desiderio che ovviamente tentai di controllare per non fare qualcosa di cui mi sarei potuta pentire.
    Le sue parole seguenti provocarono un secondo di ombra nei miei occhi, di pura rabbia che però apparì quasi come un miraggio per la velocità con cui era stata nascosta. Mi voltai, dandogli le spalle mentre cercavo di convincerlo del fatto che la cosa potesse andare a vantaggio di entrambi e, quando finii di parlare, tornai a guardarlo lasciando cadere il vestito a terra mentre i suoi occhi percorrevano il mio corpo, provocandomi uno strano brivido lungo la schiena. Avanzai di nuovo verso di lui, ponendogli quella che era una chiara provocazione mentre le sue mani arrivavano a posarsi sui miei fianchi e alle sue parole, con mia sorpresa, mi ritrovai ad osservarlo mentre un ampio sorriso prendeva posto sul mio viso, il primo che gli avessi mai rivolto. Aprii la bocca per parlare ma lo vidi strapparmi l'intimo e per evitare che il reggiseno facesse la stessa fine, portai le mani a slacciare il gancetto sfilandomi il reggiseno e restando totalmente nuda davanti ai suoi occhi.

    Va bene. non dissi nulla perchè sapevo che già quella era una concessione che difficilmente avrei potuto sperare di ottenere e non avevo intenzione di rischiare di rovinare tutto. Con uno scatto mi gettai tra le sue braccia afferrando il suo viso tra le mani e riprendendo a cercare avidamente le sue labbra in un bacio passionale ed umido, un bacio disperato che poteva facilmente lasciargli intuire quanto - Devon - mi fosse mancato e quanto in realtà, nonostante le apparenze, desiderassi toccarlo ancora una volta.
    Le mie mani scivolarono verso il basso a sfilare con poca delicatezza la sua giacca, facendola cadere a terra e, allo stesso modo, iniziarono a scendere accarezzando il petto lentamente da sopra la maglietta fino ad arrivare al suo orlo che tentati di tirare su così da lasciarlo a petto nudo.
    Gli lanciai un'occhiata, giusto per assicurarmi che non facesse niente di stupido - come interrompermi per esempio - e scesi con le labbra a lasciare un unico bacio sul pomo d'adamo, scendendo poi a porre un bacio sul suo petto, un bacio che però diventò subito un succhiotto che marchiò in modo chiaro ed indelebile la sua pelle. Non era la prima volta che lo facevo - con Devon - in realtà era capitato più volte perchè, a modo mio, cercavo di cancellare con i miei segni il marchio che gli avevano imposto altri, un modo per dire che era solo mio e che nessuno avrebbe potuto averlo. Scesi tracciando un sentiero immaginario lungo il suo petto con la punta della lingua, fermandomi poco sotto l'ombellico, dove lasciai un nuovo succhiotto prima di slacciare la cintura che sorreggeva i pantaloni afferrando il suo membro che iniziai a leccare con una lentezza estrema che, speravo, avrebbe chiuso la boccaccia di Ryan una volta per tutte.

     
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    Devon Westick - エイリアン (Eirian) - Custode delle Memorie - Eterosessuale - Scheda

    Nonostante il tempo trascorso insieme --in molteplici luoghi e sotto le spoglie di diverse identità, avrei potuto aggiungere-- era come se, sotto sotto, Jill Valentine ancora non mi conoscesse affatto o comunque non avesse colto ciò che davvero volevo da lei. Sentimenti. Emozioni. Questo desideravo e bramavo forse ancor più del suo corpo obiettivamente perfetto e capace di eccitare qualsiasi umano e qualsiasi エイリアン (Eirian): a lungo aveva cercato di privarmi di ciò che provava, eppure quella sera --paradossalmente-- sembrava quasi che fosse disposta a darmene più di quanto me ne avesse probabilmente concesso da quando ci conoscevamo. Dal niente al tutto, quasi fin troppo. Insomma, sì, sapevo che quella situazione era un po' estrema ed avrebbe messo a dura prova chiunque --anche un osso duro come Jill-- tuttavia non potei evitare che la sorpresa prendesse forma nei miei occhi e si trasformasse rapidamente in compiacimento nel sentire il tono velenoso ed arrabbiato con cui mi si rivolse. «Ah, quindi non è vero che le mie parole non sortiscono in te alcun effetto.» Inutile dire come nell'inflessione della mia voce ci fosse soddisfazione e come chiaramente non stessi facendo alcunché per nasconderla. «Ne sei sicura?» Le chiesi distratto, quando insinuò che --solo perché la possedevo-- in realtà lei non mi apparteneva. La vedevo diversamente, com'era ovvio, e non solo perché ero sufficientemente sicuro --e forse egocentrico-- da supporre che, soprattutto negli ultimi mesi, la sua mente fosse stata affollata (e ossessionata) da me piuttosto che da Devon. «Potresti ancora avere il suo ricordo, e invece lo stai rovinando questa sera stessa.» Freddo, brutale, atono. Così terminai --o almeno era nei miei obiettivi farlo-- la conversazione, lasciando che le mie ultime parole si abbattessero su di lei come un'aquila con la sua preda, scendendo in picchiata all'improvviso per poi azzannarla in un colpo solo. Quel che intendevo era semplice, no? Non aveva più la mente e il cuore del vero Devon e, l'indomani, non avrebbe più avuto neppure il suo corpo, eppure --visto che le piaceva tanto usare quel termine-- avrebbe ancora potuto possederne il ricordo, quello autentico, dell'uomo. Aveva invece preferito deturparlo con qualcosa di finto, con un'illusione del tutto egoista che tornava utile a lei e soltanto a lei. Ancora si chiedeva perché dubitassi del fatto che l'avesse mai davvero amato?

    «Il mio sorriso ti infastidisce, quindi?» Distesi di nuovo le labbra ovviamente, sardonico, al mero scopo di fare l'opposto di ciò che mi aveva chiesto e naturalmente di rimandarle come stessi ottenendo esattamente ciò che volevo. "Ancora emozioni, Jill..." «Ora che lo so cercherò di evitarlo...» Il tono canzonatorio della mia voce ben esprimeva come, finalmente, mi stessi gustando quel che fino a quel momento avevo solo intravisto dietro la corazza di cemento armato che ergeva tra noi. Nonostante tutto, nonostante mi avesse appena fatto una richiesta esplicita e chiarissima, che permetteva di intuire bene quel che davvero sentiva, si ostinava infatti a mantenere un tono di voce apatico, quasi come se si illudesse che ciò bastasse a proteggerla da me e da ciò che le avrei fatto quella sera. Se non altro, sembrava intenzionata a darci un taglio e a rendere le cose più interessanti: non che --sia chiaro-- quel teatrino non lo fosse, tuttavia la vista del suo corpo quasi interamente nudo dava senza alcun dubbio a quel dibattito una marcia in più. C'era poi da dire che, mentalmente parlando, ciò che avevo avuto fino a quel momento mi aveva --per ora, almeno-- piacevolmente stupito e dunque lasciato soddisfatto: potevo concederle --perché di questo si trattava, una tregua e una grazia-- qualche minuto per fare la sua mossa e per scoprire fino a che punto fosse capace di spingersi per raggiungere il suo obiettivo. Poi, probabilmente, si sarebbe sentita anche peggio --e di questo ero certo-- ma in fondo quelli non erano certi affari miei...

    «Questa sì che è una novità.» Commentai quando la vidi sorridermi, senza che la mia voce si tingesse di alcuna sfumatura riconoscibile. Non c'era sarcasmo, né rabbia né tanto meno gioia: era una semplice constatazione, quasi un appunto scientifico da memorizzare per inserirlo nella sua cartella. Giusto per assicurarmi che non si lasciasse troppo prendere la mano e tornasse a pensare di avere di fronte Devon, mi premurai di ricordarglielo premendo le mani sul suo sedere e strappandole poi brutalmente gli slip: non c'era frenesia in quel gesto --non ancora, almeno-- quanto piuttosto vero e proprio menefreghismo nei confronti di ciò che era suo, come in un riflesso di quel che ovviamente pensavo della sua stessa persona. Quando tuttavia si sfilò il reggiseno e --ormai completamente nuda-- si gettò su di me, le reazioni fisiche tornarono a presentarsi in maniera prepotente e --oltre al naturale gonfiore-- il mio corpo assecondò i suoi movimenti, permettendole di sfilarmi prima la giacca e poi la maglia. Un breve sospiro si fece spazio nella mia gola quando le sue labbra umide si posarono sulla mia pelle e i miei occhi si socchiusero per un singolo, rapidissimo istante, prima che sentissi il suo sguardo addosso e le mie palpebre si riaprissero di nuovo, quasi di scatto. «Smetti di cercare di controllarmi, Jill.» Perché questo avevano significato le sue iridi sulle mie, in quel frangente, e la cosa mi faceva profondamente incazzare. Non c'era nulla che lei potesse fare per tenermi sotto scatto --o perlomeno questo era ciò che pensavo-- e il fatto che continuasse a provarci, oltretutto in quei momenti in cui probabilmente credeva fossi più debole, non provocava altro --in me-- che la reazione opposta: desiderio di riprendere le redini della situazione. «E nessuno ti ha dato il permesso di marchiare la mia custodia...» Questa volta sì, ci fu vera e propria rabbia nella mia voce, tanto che le mostrai di nuovo il blu ceruleo dei miei occhi e la mia mano destra fece per stringersi --come in passato-- tra i suoi capelli: una presa salda e tutt'altro che gentile, al contrario quasi al limite del dolore. Sapevo cosa stava facendo --quello era un segno di possesso-- e chiaramente non potevo accettarlo. Io non ero Devon Westick.

    «Ti ho detto di smetterla, puttana.» La mano libera, quella che non la stava toccando, iniziò ad essere percorsa da leggere scosse elettriche nel momento in cui la sua lingua --l'unica ragione per cui non l'avevo ancora allontanata, visto che la sensazione sulla pelle era stata così piacevole da strapparmi un fremito-- arrivò sotto l'ombelico e, con l'aiuto delle labbra, vi lasciò un nuovo succhiotto. La minacciai, e neppure troppo velatamente, sia pure senza --ancora-- sfiorarla: farle del male fisico non era mai rientrato nei miei obiettivi o in ciò che mi eccitava --anche proprio da un punto di vista sessuale-- tuttavia detestavo quando qualcuno cercare di prendere il controllo su di me, andando espressamente contro le mie condizioni. Per (sua) fortuna, Jill sembrò propensa a farsi perdonare --o forse solo a distrarmi-- e, quando la sua bocca si chiuse intorno al mio membro, mi lasciai sfuggire un gemito roco e profondo di puro godimento. Sorrisi appena, un sorriso compiaciuto con forse una punta di sadismo, provocata dal fatto che avvicinai pericolosamente la mia mano --quella percorsa ancora da elettricità-- al suo viso: le feci quasi sentire la leggera vibrazione sulla pelle, a pochi centimetri dalle sue gote, e solo allora --stringendo le dita intorno al suo volto-- lasciai che i miei poteri defluissero e il mio tocco tornasse ad essere come quello di un umano. Nessun male, dunque, ma la mia presa fu comunque ben poco delicata: la destra tra i suoi capelli e la sinistra poco dietro l'orecchio, fin quasi ad arrivare alla nuca, nel tentativo di dettarle il ritmo che più mi aggradava.
     
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    Jill Valentine - Umana - Prostituta - Eterosessuale - scheda

    Mi era sfuggito, in realtà non avevo mai avuto intenzione di dimostrargli quando mi avesse infastidito con quelle parole ma sentendolo rispondermi mi sentii ancora più in errore e subito quella maschera di freddezza e apparente calma tornò a fare capolino sul mio viso

    Ne sono sicurissima. risposi neutra alzando le spalle ed ignorando volontariamente le sue parole soddisfatte; un piccolo errore, non era stato altro, ed ora non gli avrei più permesso di pavoneggiarsi in quel modo giocando con i miei sentimenti. Dovetti però fare del mio meglio per restare impassibile quando insinuò che il ricordo di Devon si sarebbe rovinato proseguendo con ciò che avevo intenzione di fare.

    Non dovrebbe essere un problema in ogni caso per te, otterrai delle reazioni e potrai studiarmi in un campo che non rivedrai mai più. Dovresti esserne soddisfatto. era inutile girare intorno al punto, ciò che aveva sempre voluto da me era tirare fuori delle emozioni, delle reazioni, capire come funzionavo - se vogliamo dirlo in parole povere - ed ora gliene stavo dando la possibilità e lui non faceva altro che provocarmi. Non mi avrebbe persuasa, avevo pensato bene a ciò che stavo scegliendo di fare e sapevo di poterlo reggere perchè era la scelta migliore e perchè non avrei potuto sopportare di dover passare la notte di lui pensando che nel suo corpo vi era Ryan.

    Vedo che ti diverti con poco. alzai un sopracciglio osservandolo gongolare per una mia stupida ammissione detta con fin troppa leggerezza, gli stavo dando spunti che avrebbero potuto ferirmi ma solo perchè quella sera mi sentivo fragile a causa di ciò che sarebbe accaduto tra noi e del fatto che di lì a breve avrei seppellito il corpo che ora si trovava davanti ai miei occhi.

    Alla sua concessione mi ritrovai a sorridere spontaneamente - felice - vedendo però sul suo viso un'espressione di sorpresa che mi portò a capire come mi fossi lasciata andare fin troppo; non avrei dovuto ma se speravo di illudermi che fosse davvero Devon dovevo lasciarmi andare abbastanza da mostrargli le poche emozioni che con Devon non nascondevo mai o quasi. Lo lasciai distruggere il mio intimo e, liberatami anche del reggiseno, mi fiondai su di lui iniziando ad esprimere tutto l'amore ed il bisogno di toccarlo - di toccare Devon, sia chiaro - di nuovo, senza remore o limiti.
    Scesi con le labbra a baciare il suo corpo e mantenendo lo sguardo fisso sul suo viso mi godetti l'espressione di puro piacere che ora albergava sul suo viso e che sembrò però tramutarsi in fastidio quando - a suo dire - pensò che io stessi cercando di controllarlo.

    Non voglio controllarti, sto solo cercando di assicurarmi che ti piaccia. spiegai con una voce dolce e sporcata dal desiderio, un tono di voce che - in realtà - non aveva mai sentito prima perchè anche quando mi prostituivo cercando di soddisfarlo ero sempre stata distante a parole. Scesi più in basso, andando a lasciare un succhiotto sul suo petto per testimoniare come fosse mio e mio soltanto quando all'improvviso la sua voce furiosa mi riportò ad osservarlo, notando i suoi occhi mutare distruggendo del tutto la mia fantasia e provocandomi una smorfia di dolore a causa della mano nei capelli, smorfia che non mancai di dimostrare con uno sguardo ricolmo di rabbia.

    "Resisti, puoi ancora salvare la situazione.." potevo? il mio cervello sembrava esserne convinto eppure quando ripresi a toccare la sua pelle con la punta della lingua lo vidi creare delle scariche elettriche sulla mano ed ogni sensazione di amore - verso Devon - che stavo provando e cercava di restare svanì totalmente.
    Era mio e, a prescindere dalla rabbia che avrebbe sfogato poi, decisi di dimostrarlo facendogli un secondo succhiotto sotto l'ombelico prima di scendere ad occuparmi di qualcosa che lo avrebbe convinto ad evitare di farmi del male con l'elettricità che stava - chiaramente - usando per minacciarmi. Il gemito roco che uscì dalla sua bocca mi portò ad aumentare la velocità fino a quando non sentii la sua mano avvicinarsi al mio viso ed afferrarlo, lasciando svanire il potere che fino a poco prima l'aveva ricoperta. Portai le mani istintivamente sui suoi fianchi nel sentirlo spingermi ma non mi tirai indietro e, anzi, assecondai i suoi movimenti per alcuni minuti assicurandomi di dargli piacere prima di spostarmi di colpo indietreggiando abbastanza da mettere non poca distanza tra di noi.

    Potrebbe piacerti non poco questo incontro, fisicamente e mentalmente, ma se continuerai a distrarmi ed a ricordarmi chi sei l'accordo salta. lo sguardo serio e determinato mentre ritornavo in piedi e, per coprirmi, portavo le braccia ad incrociarsi all'altezza del seno. Volevo che fosse chiaro, mi sarei lasciata controllare dopo aver riavuto il corpo di Devon ma per ora, per quella sera, pretendevo di avere il controllo e, soprattutto, che la smettesse con i suoi trucchetti da エイリアン (Eirian) che ora stavano mettendo a dura prova la mia volontà.

     
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    In effetti sì, non era un problema il fatto che lei rischiasse di esporsi e --immaginando di avere ancora di fronte l'uomo che amava-- fondamentalmente ne deturpasse il ricordo. In realtà quel che mi stava dando era ben più di quanto, nel momento in cui avevo iniziato a pianificare quella ricerca, avessi anche solo immaginato di ottenere e --quando Jill affermò che sarei dovuto essere soddisfatto-- mi limitai a confermarglielo lasciando che un sorrisino compiaciuto si distendesse sulle mie labbra. «Non mi sto divertendo.» La corressi però, sollevando appena le spalle come per dire che era ovvio ma che era anche improbabile che un'umana come lei riuscisse a capire che noi エイリアン (Eirian) non provavamo quel genere di emozioni. Perché avrei dovuto trovarlo... divertente? «Sono più che altro sorpreso.» Di me stesso e delle mie capacità, sarebbe ovviamente dovuto essere il sottotitolo. Un po' megalomane, forse, ma al contempo anche realistico. Dopotutto, avevo sempre preferito il palco e l'essere protagonista al dover lasciare agli altri la scena e il modo --e la brutalità-- con cui le strappai l'intimo dovette dimostrarlo. Mi godetti però anche il suo tocco, la foga con cui mi stava baciando ed infine le sue labbra che scivolarono lente ed umide lungo il mio corpo, fino al mio membro: mi lasciai sfuggire ben più di un singolo gemito roco, un'ammissione esplicita di quanto effettivamente Jill fosse in grado di eccitarmi. L'aveva sempre fatto, in qualunque custodia mi trovassi e qualunque atteggiamento --per ragioni di copertura-- fossi costretto a mantenere: altrettanto rapidamente, però, era in grado di farmi infuriare.

    Il suo voler nascondere le proprie emozioni in modo maniacale non era infatti solo un istinto di protezione, e di questo ero e sarei sempre stato certo. Chi tendeva a celare così tanto ciò che provava lo faceva in primo luogo per un bisogno di controllo, una necessità da esercitare tanto su se stessi quanto sugli altri. Lei ne era a sua volta affamata, benché ne dicesse. «Non lo stai facendo per me, non mentire.» Se c'era qualcosa che detestavo --oltre ovviamente al fatto che qualcuno si illudesse di potermi manovrare- era quando un soggetto pensava di potermi mentire guardandomi dritto in volto: in quel caso, probabilmente Jill era davvero convinta di ciò che stava affermando, ma io sapevo qual era la verità. Tutto quello non era per assicurare a me piacere, quanto per alleviare il suo dolore e i suoi sensi di colpa. Per qualche ragione, però, quell'atteggiamento mi procurò a pelle un senso di profonda irritazione che mi portò a perdere la mia solita calma serafica e a mostrarle i miei poteri: non le avrei mai fatto del male fisico, sia chiaro, tuttavia sapevo che --in quel modo-- avrei distrutto totalmente qualunque scenario positivo ed illusorio stesse così disperatamente cercando di costruire nella sua mente.

    Portai le mie mani sul suo viso, la prima tra i suoi capelli e la seconda ad afferrarle parte del collo, mentre un gemito roco mi fuoriusciva dalle labbra quando la sentii assecondare il ritmo che cercai di imporle. Spinsi anche con insistenza il bacino, trattenendole con la sinistra la nuca nel tentativo di tenerle ferma la testa pur senza forzarla in maniera violenta o di fatto impedirle di muoversi: quando si staccò --casualmente non appena il piacere stava iniziando a scaldarmi il bassoventre-- accennai tuttavia una mezza risata che trasudava chiaramente tanto la rabbia quanto lo scherno nei confronti di quella mossa così stronza e al contempo avventata. «Poi hai ancora il coraggio di dirmi che non vuoi controllarmi...» Quella non era che l'ennesima prova del fatto che avesse mentito, e in maniera spudorata. Forse, ora, se ne rendeva conto anche lei? «Fai pure.» Acconsentii, rivolgendole un'occhiata colma di desiderio e al contempo quasi sardonica per quel goffo tentativo di coprirsi il seno. Mi avvicinai al letto e mi sedetti, portando poi i palmi delle mani indietro, ad appoggiarvi il mio peso, quasi come se volessi mettere in mostra --e sfidarla ad ignorare-- ciò che svettava tra le mie gambe. E per merito suo, oltretutto. «Ho già avuto da te quel che volevo, stasera.» Ovvio come intendessi dal punto di vista emozionale, non fisico. «Puoi avere il controllo, ma resta sempre la condizione che non devi disgustarmi.» E, detto questo, feci per allungare una mano a cercare il suo avambraccio per trascinarla a sua volta sul letto.
     
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    Certo che era soddisfatto, non servivano parole per confermarlo, quel suo sorriso fastidioso bastava a renderlo più che evidente.

    Sorpreso? chiesi perplessa, un po' perchè quella sembrava una conversazione quasi normale - una di quelle impossibili da avere con Ryan - ed un po' perchè sinceramente non capivo che cosa l'avesse colpito a tal punto.

    "Poco importa, non è di lui che mi interessa ora." no, quello che volevo era "salutare" nell'unico modo possibile l'uomo che avevo amato, l'unico che forse avrei mai potuto amare anche in futuro. Ripresi a baciarlo, attraversando poi il suo corpo per arrivare al suo membro ritrovandomi contrariata ed infastidita dalle sue parole. Sbuffai alzando gli occhi al cielo e li ripuntai subito su di lui.

    Invece si perchè se sarai soddisfatto chiuderai quella maledetta bocca ed io potrò godermi il momento. "Senza sentirmi in colpa" era l'ovvio continuo ma non l'avrei espresso a parole, era scontato per entrambi come l'idea di farlo con lui nel corpo di Devon mi facesse male ma pensare che fosse Devon in realtà quello con cui stavo facendo l'amore - e non del semplice sesso - rendeva tutto più...piacevole. Il che poteva andare a favore di entrambi se solo avesse smesso di parlare.
    Inutile dire come sembrò non arrivarci e come, invece, iniziò a minacciarmi con i suoi poteri, tanto che per tornare a prendere in mano la situazione mi ritrovai ad assecondarlo fino a quando non fui certa che sarebbe stato disposto a tutto pur di sentirmi continuare a muovermi sul suo membro. La risata che fece non appena mi staccai, infatti, non fece che confermarmi quella teoria.

    "Forse, dopotutto, sto veramente cercando di controllarlo" non che l'avessi fatto apposta almeno, non me ne ero nemmeno resa realmente conto ma la verità era che stavo cercando di ottenere ciò che desideravo e se manovrarlo era ciò che dovevo fare per ottenerlo non mi sarebbe interessato doverlo fare. Sapevo che le mie parole erano un azzardo perchè con un tipo come Ryan non era scontato il finale ma era anche evidente come desiderasse avermi, quella sera e fino a quando non si fosse stufato, per studiarmi e la prospettiva di perdermi - speravo - lo avrebbe persuaso dal continuare a fare lo stronzo.
    Mi coprii il seno e rimasi in silenzio, in attesa di una sua risposta che - quando arrivò - finì per far tornare un enorme sorriso a sistemarsi sulle mie labbra, tanto che lasciai ricadere le braccia lungo il mio corpo così da lasciargli afferrare il mio avambraccio e farmi trascinare sul letto, in realtà su di lui a cavalcioni per essere più precisi.

    Andata. dissi prima di avventarmi sulle sue labbra, lasciandolo entrare dentro di me mentre un gemito rumoroso e di puro sollievo mi usciva dalle labbra. Grazie al nuovo lavoro con Fan non facevo più sesso ogni giorno, in realtà capitava forse tre o quattro volte a settimana, perciò ora era quasi più piacevole di quanto fosse mai stato prima sentirlo dentro di me. Afferrai le sue mani e le portai a posarsi sulla mia schiena, accompagnandole verso il basso, stando attenta a sentirle percorrermi tutta la schiena mentre le mie spinte diventavano sempre più veloci e le mie labbra non smettevano di cercare le sue, voraci e cariche di desiderio. Volevo sentirlo toccarmi, volevo ricordare quelle mani sul mio corpo nel modo più accurato possibile e soprattutto volevo bloccare il ricordo di quel momento - in cui grazie al suo silenzio era facile illudermi che si trattasse realmente di Devon - per conservarlo nella mia mente nei momenti difficili in cui, ne ero certa, Ryan mi avrebbe fatto pentire il controllo che ora sembrava avermi concesso.

     
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    Devon Westick - エイリアン (Eirian) - Custode delle Memorie - Eterosessuale - Scheda

    Si rendeva conto di avermi appena... dato ragione? La soddisfazione --sicuramente fisica-- a cui alludeva non era per me, sebbene non negassi di poterci trarre un certo ed egoistico vantaggio, quanto per se stessa: appunto, se io fossi stato impegnato e preso dal suo corpo, lei avrebbe potuto a sua volta spegnere la mente e i sensi di colpa, così come annebbiare la piena consapevolezza di chi fosse quello con cui stava facendo sesso o --per usare una perifrasi che tanto sembrava piacerle-- l'amore. Glielo avrei permesso --non per una questione di pietà, sia chiaro, ma perché sapevo che quella situazione era effettivamente irripetibile ed inoltre in futuro il suo ricordo le avrebbe lacerato l'anima ben più di quanto avesse messo in conto-- tuttavia non prima di aver chiarito come stavano le cose, non prima di aver esplicitato ciò che lei non voleva sentire e non prima di averle dimostrato come se si trattasse di una concessione, non di un cedimento. Le avrei lasciato il controllo, se così si poteva dire, dell'amplesso a patto naturalmente che non mi disgustasse a tal punto da indurmi a prendere in mano la situazione e sapevamo entrambi come non le sarebbe affatto piaciuto.

    La afferrai per l'avambraccio per indurla così a cadere sul letto sopra di me --seduta su di me, per l'esattezza-- ma, prima ancora che potessi dire o fare altro, le sue labbra si avventarono sulle mie e il mio membro scivolò dentro di lei, strappandomi un lungo e rumoroso sospiro che tradiva quanto --in fondo-- quel corpo la desiderasse. Non sapevamo ancora bene --non fino in fondo, almeno-- come funzionasse quel genere di cose, e da lì anche l'importanza della mia ricerca sul campo: nel momento in cui occupavamo una custodia, l'umano moriva, eppure --a volte-- di quest'ultimo restava una minima traccia in alcuni atteggiamenti, istinti, sensazioni, vizi. Alcuni エイリアン (Eirian) sviluppavano una dipendenza dalle sigarette, ad esempio, altri mostrano invece tendenze omosessuali pur avendo sempre preferito il sesso opposto... In quel caso? Probabilmente era colpa di Devon Westick se, quella sera, apparivo leggermente più incline del solito ad assecondare i suoi movimenti del bacino, a lasciarle prendere le mie mani e a portarle sulla sua schiena. Scivolai con entrambi i palmi aperti verso il basso, stringendo la pelle con foga e senza delicatezza alcuna, un po' per un possessivo desiderio di sentirne meglio il calore ed un po' quasi come per ricordarle che io non ero chi stava immaginando che fossi. Illuderla, e al contempo infrangere l'illusione... Sarebbe potuto essere alquanto divertente, eppure il piacere stava seriamente iniziando ad annebbiare il mio autocontrollo e --naturalmente-- non volevo che ciò accadesse.

    «S-smettila.» Smettila di baciarmi, più per la precisione. La voce roca, calda, ansimante per via dell'orgasmo terribilmente vicino. «Sei ad un passo dal disgustarmi.» Non propriamente vero, in realtà, ma noi non eravamo come... loro. Mi piaceva la sensazione della sua bocca sulla mia, della sua lingua che rincorreva e si intrecciava alla mia, ma --ogniqualvolta che mi concentravo su qualche sensazione che non fosse meramente fisica-- ciò che percepivo era un brivido freddo e fastidioso lungo la schiena. Le mie mani erano arrivate a stringere il suo sedere, accompagnando ogni affondo del mio bacino e ogni movimento del suo, pertanto a quel punto si spostarono sui suoi fianchi e --con un gesto secco-- la sollevai in modo da poter uscire da lei. Così, all'improvviso ed un po' brutalmente. La guardai negli occhi, accennando un mezzo sorriso molto simile ad un ghigno nella consapevolezza di quanto quel mio tornare a condurre i giochi le desse fastidio, e feci per usare la presa sul suo corpo per buttarla --senza alcuna grazia ma senza l'intenzione di procurarle dolore-- con la schiena sul materasso: le afferrai le gambe da dietro, poco sotto il ginocchio e mi spinsi di nuovo dentro di lei con un movimento fluido e secco, cercando di imporre ad entrambi un ritmo fin da subito rapido, che ci avrebbe in fretta portato al culmine. Solo quando la sentii vicina lasciai la presa sulla sua gamba destra e, tirandola verso di me con la sinistra in modo che poggiasse l'arto sulla mia spalla, le accarezzai con movimenti circolari il clitoride prima di scivolare con il palmo aperto sul suo ventre ed, infine, stringere la mano intorno al suo seno mentre mi riversavo violentemente dentro di lei. Era una prostituta, doveva pur essere abituata a certe evenienze, no? Non che, del resto, me ne fregasse davvero qualcosa... In realtà era infrequente, anzi più unico che raro, che prestassi seria attenzione al suo piacere, eppure --quella volta-- volevo sentirla sciogliersi sotto il mio tocco, passare dall'avere il controllo --o almeno era ciò di cui si illudeva-- ad essere come creta in mio possesso.
     
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    Jill Valentine - Umana - Prostituta - Eterosessuale - scheda

    Non appena entrò dentro di me sentii il suo sospiro sulla mia pelle e finii con il rilassarmi completamente perchè - a prescindere da quanto si stesse impegnando per rovinare la mia illusione - sembrava che il corpo di Devon mi desiderasse ancora come un tempo.
    Ora che finalmente aveva chiuso quella maledetta boccaccia credere che fosse davvero il mio Devon era più semplice, tanto che iniziai a muovermi sempre più velocemente - sentendolo assecondare i miei movimenti - mentre le mie labbra cercavano avide le sue, come se non riuscissi proprio a saziarmene.
    Per la prima volta da quando lo conoscevo mi lasciai andare totalmente ed iniziai a gemere rumorosamente senza cercare di nascondere quanto in realtà mi stesse piacendo; persino le sue mani che si stringevano sul mio sedere non avevano creato troppi problemi a quella mia fantasia, forse un po' malata, e mi avevano invece portata a poggiare il viso contro la sua spalla per sostenermi, lasciando che il respiro ed i versi acuti si infrangessero contro la pelle del suo collo.

    Non sembra. ed a quelle parole diedi un colpo più forte con il bacino verso il suo membro, quasi come a specificare che ora - visto che l'aveva accennato - il controllo era mio e che poteva anche smettere di fingere che non gli piacesse quel trattamento perchè, invece, era ovvio che fosse il contrario. Tutto lo gridava: le reazioni del suo corpo, il suo respiro, il tono roco della sua voce. La verità era che gli piaceva ricevere il mio amore, anche se in realtà non era rivolto veramente a lui.
    Fu in quel preciso momento che peò mi sentii alzare e lo sentii uscire da me, cosa che mi portò ad osservarlo contrariata per i secondi precedenti al suo riprendere il controllo portandomi sotto di lui. Eppure, per quanto fossi infastidita con lui per quel gesto, non appena tornò dentro di me mi ritrovai a stringere le mani sul materasso ed a gemere nuovamente, consapevole di essere vicina a venire. Probabilmente dovette accorgersene anche lui perchè subito le sue dita iniziarono a muoversi sul mio clitoride e dei veri e propri urli di piacere iniziarono a sfuggire dalle mie labbra mentre raggiungevo l'orgasmo esattamente poco prima che lui facesse lo stesso.

    Mi ritrovai a fissare il soffitto sorpresa - e non solo perchè quella forse era la seconda o terza volta da quando ci conoscevamo che mi permetteva di arrivare all'orgasmo - per ciò che era appena successo tra noi. Mi tirai appena su, quel tanto da alzare il busto per poterlo guardare e lo studiai attentamente, osservando l'espressione sul suo viso.

    Ora...dovresti andartene. se ero riuscita a fingere che fosse davvero il mio Devon a letto, non sarei riuscita a sopportare di averlo ancora vicino nel letto mentre dormivo, non dopo che per mesi aveva finto al mio fianco. Mi alzai di corsa - per quanto possibile - e mi rinfilai addosso il vestito rosso, aspettando che lui fosse pronto prima di aprire la porta. Ovviamente l'avrei accompagnato all'uscita perchè non mi fidavo di lasciarlo da solo, lì, dove Chantel avrebbe potuto approfittarsi di lui perchè - ne ero certa - sapevo che a differenza di Devon lui avrebbe ceduto e se la sarebbe portata a letto.

     
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