Faith Cavanaugh - Umana - Ribelle - Eterosessuale -
Scheda Da quando quell'エイリアン (Eirian) erano stato picchiato a casa nostra, addossandosi la colpa dello smartwatch e dicendo ai Controllori di avere una cotta per me, mi ero trovata ad essere alquanto spaesata e confusa. Insomma, qualcosa non tornava, no? Perché mai uno di quegli esseri avrebbe dovuto proteggermi ed impedirmi di essere violentata? Certo, teoricamente era colpa sua se quell'oggetto compromettente era finito sul tavolo della mia cucina, tuttavia non potevo evitare di pensare a cosa sarebbe potuto accadere se solo quel filmato --il video di mio fratello che costruiva una bomba-- fosse capitato nelle mani di altri Custodi della Memoria. Perché, invece, lui mi (e ci) aveva coperto? Perché si era fatto addirittura colpire per me? Tante domande, tanti quesiti che --anche se non volevo del tutto ammetterlo-- mi sarebbe piaciuto rivolgergli, peccato che fosse impossibile e --forse-- non fosse neanche la cosa più giusta e più saggia da fare, e per molteplici motivi. Ci avevano visti insieme, dopotutto, e --secondo quanto da lui dichiarato-- avevamo addirittura una sorta di relazione, il che poneva entrambi in una posizione scomoda oltre che pericolosa. Come avrei, poi, potuto essere certa del fatto che quel comportamento non nascondesse qualche tornaconto che mi sfuggiva e che --se ci fossimo rivisti-- lui non fosse stato lì, pronto a riscuotere? Eppure... eppure una parte di me desiderava incontrarlo ancora, e già solo quel pensiero era a dir poco inaccettabile.
«Oz, ti prego, dobbiamo disfarcene. Non possiamo continuare a tenerla in cantina: è troppo rischioso.» "Mi hanno quasi violentata ed uccisa, per questo." Avrei voluto chiamarlo Samuel, parlargli come anni prima facevo a mio fratello, eppure ciò non era più possibile. L'avevo ormai accettato --forse-- ma in ogni caso quel dolore sordo all'altezza del petto non diminuiva... «Questo è l'unico orario in cui possiamo farlo senza dare nell'occhio.» Il momento in cui i Controllori si allontanavano, tutti impegnati a scortare gli umani in città per il loro lavoro e poi per le ore libere di cui ciascuno, a seconda della professione, disponeva. Avevo finto di essere malata --niente di troppo grave da dover essere portata in Ospedale, o forse era stata semplicemente la prospettiva di trasportare qualcuno con la diarrea a fermarli-- ed avevo dichiarato di avere bisogno di qualcuno accanto, ad assistermi: qualche ora di (insolita) libertà, in cui avremmo potuto sbarazzarci della bomba che ancora era custodita sotto casa nostra, nella botola. Non sapevo neppure io come fare, e --in realtà-- mi piangeva il cuore solo all'idea di doverla distruggere: sarebbe potuta tornare utile, e neppure poco, ma --senza un luogo sicuro in cui custodirla-- era solo l'ennesima scusa per farci ammazzare come animali. In ogni caso, alla fine, chiesi ad Oz di aiutarmi a trasportarla e --insieme-- ci incamminammo in direzione del lato più estremo della Lost&Found, lì dove nessun umano e nessun エイリアン (Eirian) presumibilmente si inoltrava.
Avevo a lungo meditato al riguardo, su quella zona... Avevo persino pensato alla possibilità di costruirvi una capanna o un rifugio scavato nella roccia, ma la solitudine in quella missione e forse anche la disperazione mi avevano sempre fermato dal dare seguito a quelli che --fino ad ora-- erano stati solo pensieri. In quella notte calda di fine estate, la luce della torcia retta con la sinistra illuminò una stradina non battuta, e si spostò poi poco più in là, dove iniziava il sentiero che portava alla periferia della città: se tre, quattro o cinque chilometri non avrei saputo dirlo. Le luci della Kay City in lontananza sembravano, da lì, quasi come una presenza distratta, lontana, opaca... Inspirai profondamente, lasciando che l'aria gonfiasse i polmoni di una sensazione di pura libertà, nonostante il peso della bomba mi indolenzisse il braccio destro con cui --aiutata da mio fratello-- la reggevo. «Non sapevo ci fosse una cascata, qua vicino.» Mi voltai appena in direzione di Oz, sentendo il rumore dell'acqua non troppo lontano e lasciando che le mie labbra si distendessero in un sorriso pur nella consapevolezza che lui avrebbe --forse-- solo potuto immaginarlo, visto il buio che ci inghiottiva. «Voglio andare a dare un'occhiata, sono anni che non vedo una. Accompagnami, dai!» L'entusiasmo e il tono vivace e gioioso nella mia voce di fronte a quella scoperta sembrarono probabilmente quasi infantili, eppure era così che mi sentivo in quel momento. Come una bambina desiderosa di avere i suoi due minuti di pura scoperta di qualcosa che era diventato, altrove, impossibile da ottenere. Natura. Sensazione di pace. Equilibrio.